Fare la storia delle giornate dell’aprile 1945 significa fare la storia delle insurrezioni dei grandi centri urbani, delle città industriali in particolare. Se è vero che non si potrebbe comprendere il divampare vittorioso dell’insurrezione senza gli avvenimenti che diedero ad essa origine ed impulso, creando le condizioni del suo successo, è altrettanto vero che non si può considerare il 25 aprile semplicemente come lo sbocco inevitabile, fatale e obbligato della guerra di Liberazione nazionale.
Nonostante i venti mesi di lotte, di scioperi, di combattimenti che l’avevano preceduta ed organizzata, affinché l’insurrezione del Nord scoppiasse e fosse vittoriosa, fu necessario fortemente volerla e prepararla: nell’ora decisiva, nel momento opportuno e sui punti decisivi furono necessari l’ordine d’attacco e l’appello al popolo a levarsi in armi.
Senza una decisa volontà ed una adeguata preparazione l’insurrezione non ci sarebbe stata o sarebbe finita in un’avventura disastrosa. Una guerra di Liberazione che dopo essere stata condotta dalle forze popolari durante 20 mesi si fosse conclusa senza insurrezione o con una insurrezione sconfitta sarebbe stata una Resistenza senza vittoria.
Nell’aprile del 1945, per Pietro Secchia l’ora era giunta: “Aldo dice 26×1”. L’ordine era del CLN e sanciva in codice l’inizio dell’insurrezione nel Nord Italia. Secchia era a Milano, nel cuore operativo del comando generale delle brigate d’assalto “Garibaldi”. Quando nel 1963 Pietro Secchia scrive questa suo memoriale sono trascorsi 18 anni da quel 25 aprile 1945 e tanta vicenda politica, anche sua personale – e la riflessione che stava elaborando in quegli anni sul ruolo della soggettività nella storia, che rendeva gli eventi sempre imprevedibili – si era consumata sulle basi ricostruite proprio da quella giornata. Secchia non era più il responsabile nazionale dell’organizzazione del più grande partito comunista dell’occidente capitalista, il PCI, piuttosto interessato, com’era, a trasmettere memoria, storia e valori alle nuove generazioni, vera “missione” che mantenne sino al termine della sua vita, nel luglio del 1973.
Dalla Prefazione di Ferdinando Dubla
Pietro Secchia (1903-1973), si iscrisse al Partito Socialista nel 1919 e aderì al Partito Comunista dalla sua fondazione nel 1921. Arrestato una prima volta nel 1925, fu condannato a dieci mesi di carcere. Nel 1928 viene eletto membro del comitato centrale del PCI. Arrestato nel 1931 e condannato a diciotto anni di carcere, fu liberato solo nell’agosto 1943. Durante la Resistenza fu Commissario generale delle brigate d’assalto “Garibaldi”.
È stato vicesegretario del PCI (1948-1954), fu deputato alla Costituente, senatore (dal 1948) e vicepresidente del Senato (1963-1972).
Non ci sono ancora recensioni.