Floros Demostenes – Il petro-yuan come paradigma del nuovo ordine mondiale

Il petro-yuan come paradigma del nuovo ordine mondiale

Aumenta il peso della Cina sul mercato energetico mondiale, sia in termini di maggiori acquisti, sia in merito all’utilizzo dello yuan come valuta di riferimento per gli scambi

di Floros Demostenes

 

[Relazione presentata al Forum Guerra e mondo multipolare: impatto e prospettive il 15 aprile 2023]

 

Il 3 gennaio 2023, il Financial Times ha pubblicato un articolo dal seguente titolo:

“A new world energy order is taking shape” (“Un nuovo ordine mondiale dell’energia sta prendendo forma”).

Secondo l’autore, Zoltan Pozsar, analista del Credit Suisse, nel 2022, la Cina ha incrementato gli acquisti di greggio e gas naturale da Iran, Venezuela, Federazione Russa (detentori del 40% delle riserve petrolifere dell’OPEC plus) e alcune nazioni africane, utilizzando la propria valuta nazionale, lo yuan.

Il 30 gennaio 2023, Paul Craig Roberts, già Sottosegretario al Tesoro Usa per la politica economica sotto l’Amministrazione Ronald Reagan, ha scritto che l’interesse per lo yuan da parte dei principali importatori di petrolio al mondo potrebbe essere sorto sulla scia delle sanzioni senza precedenti introdotte dagli Stati Uniti d’America alla Federazione Russa [a partire dal congelamento di 300 miliardi di dollari di riserve russe detenute nelle Banche occidentali e dall’esclusione del paese dal sistema di pagamento SWIFT], per la guerra di Mosca in Ucraina.

In precedenza, nell’ambito del China-Arab States Summit svoltosi il 9 dicembre 2022, l’incontro tra il presidente cinese, Xi Jinping, e gli Stati membri del Gulf Cooperation Council (GCC) (detentori di un altro 40% delle riserve petrolifere dell’OPEC plus), aveva di fatto segnato “la nascita del petro-yuan”, oltre alla firma di una serie di accordi nel settore dell’energia (30 miliardi di dollari il valore di quelli sottoscritti da Cina e Arabia Saudita).

Più precisamente, Xi Jinping affermò che la Cina era pronta a pagare il petrolio e il gas naturale dei produttori del Medio Oriente in yuan. Grazie al sostegno reciproco dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), che Pechino desidera allontanare dall’orbita del dollaro, l’obiettivo sarebbe quello di favorire il rafforzamento della propria valuta nel commercio internazionale a scapito del “biglietto verde” attraverso l’uso della propria piattaforma finanziaria, la Shanghai Petroleum and Natural Gas Exchange, allargando la cooperazione all’esplorazione e alla produzione congiunte nel Mar Cinese Meridionale, nonché a investimenti in raffinerie, prodotti chimici e materie plastiche.

Nonostante lo yuan venga attualmente utilizzato solo per il 4,6% degli scambi commerciali globali (era sotto il 2% a gennaio 2022) a fronte dell’84,3% del dollaro (86,8% nel 2023) e del 6% dell’euro, le ambizioni del petro-yuan non andrebbero sottostimate ha scritto il principale sito energetico statunitense Oilprice, il quale sostiene infatti che la de-dollarizzazione dell’industria petrolifera globale sarebbe in “in full swing” (“pieno svolgimento”) e sbaglia chi ritiene che questi dati non indichino già oggi una minaccia reale [all’unipolarismo Usa evidentemente], visto che il piano cinese non potrà che prendere ulteriore slancio, sebbene non sia ancora possibile vederne con chiarezza l’approdo finale.

Secondo le statistiche dall’Amministrazione Generale delle Dogane cinese, nel 2022, l’Arabia Saudita si è confermata il primo fornitore di greggio della Cina con 1.770.000 b/g, il 18% del totale delle importazioni del “Dragone”, per un valore complessivo di 65 miliardi di dollari.

Nel contempo, le importazioni di greggio russo da parte della Cina sono aumentate dell’8,2%, a 1.730.000 b/g, per un valore complessivo di 58,4 miliardi di dollari (+53%, anno su anno), nonostante il calo della domanda cinese registrato nei primi 11 mesi del 2022 (-4,6%, anno su anno).

Bloomberg ritiene che “una parte dei carichi scambiati l’anno trascorso siano stati acquistati in yuan anziché in dollari, oltre ad essere stati finanziati tramite banche e istituzioni locali”.

Per di più, nei primi due mesi del 2023, la Federazione Russa è diventata il principale fornitore di greggio della Cina con 1.920.000 b/g, superando l’Arabia Saudita ferma a 1.720.000 b/g, mentre la domanda petrolifera del “Paese di Mezzo” si prevede che crescerà di 900.000 b/g (anno su anno) sino a raggiungere 15.600.000 b/g. E’ facile prevedere che Federazione Russa e Arabia Saudita copriranno larga parte di tale incremento.

A febbraio 2023 inoltre, per la prima volta, lo yuan è stato la valuta più scambiata in Russia, soppiantando il dollaro Usa da leader indiscusso. Nel corso del mese, il volume degli scambi nella valuta cinese ha superato 1,48 trilioni di rubli, un terzo in più rispetto a gennaio. Anche il volume delle transazioni con il dollaro è aumentato a febbraio, ma solo dell’8%, a 1,42 trilioni di rubli. Di conseguenza, lo yuan ha rappresentato quasi il 40% del volume totale degli scambi nelle principali valute, il dollaro poco più del 38%, l’euro il 21,2%. A febbraio 2022, le proporzioni erano invece state a favore della valuta americana: 87,6% in dollari, 11,9% in euro e appena 0,32% in yuan (Fonte: Kommersant, basate sui dati della Borsa di Mosca).

Nonostante le sanzioni statunitensi sulle esportazioni di petrolio iraniano, la Cina non ha mai smesso di importare “oro nero” dall’Iran.

Nel 2021, la Cina ha importato 324 milioni di barili di greggio dall’Iran e dal Venezuela (Fonte: Kpler), il volume più alto dal 2018 (+53% rispetto al 2020).

Nel 2022, il greggio iraniano è giunto a soddisfare il 7% delle importazioni totali della Cina (Fonte: Vortexa), mentre le esportazioni di petrolio dell’Iran sono aumentate al livello più alto dal 2018, ha dichiarato l’agenzia di stampa semi-ufficiale Tasnim, citando il ministro del Petrolio Javad Owji. Secondo quest’ultimo, che non ha specificato l’importo esatto delle esportazioni di petrolio, dall’inizio dell’anno iraniano, il 21 marzo 2022, il paese ha esportato 83 milioni di barili di petrolio in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Nel 2022, il Venezuela ha esportato 616.540 b/g (greggio e prodotti raffinati), in calo del 2,5% rispetto al 2021.

Nello specifico, dopo essere crollate sotto i 400.000 b/g a maggio 2022, ad agosto e settembre 2022, le esportazioni di greggio e combustibile del Venezuela – principalmente dirette verso la Cina – hanno rispettivamente oltrepassato 816.450 e 710.000 b/g.

Il 2 marzo 2022, il Governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, aveva dichiarato in audizione:

“E’ anche possibile avere più di una valuta di riserva [di valore]”.

Al tempo, ci domandammo se dietro a tale dichiarazione si celasse la disponibilità degli Usa di affiancare lo yuan al dollaro come valuta di riserva internazionale, a condizione che la Cina interrompesse immediatamente il proprio sostegno diplomatico e finanziario alla Federazione Russa in Ucraina.

A poco più di un anno di distanza, la Cina ha invece sostenuto economicamente la Federazione Russa incrementando gli acquisti di petrolio, ma anche di gas naturale. Nel 2022, infatti, Pechino ha importato 15,5 Gm3 di gas naturale attraverso il gasdotto denominato Power of Siberia, +50% circa rispetto al 2021, mentre le importazioni di GNL sono state pari a 8,45 Gm3, +44% circa anno su anno. A marzo 2023, ha infine regolamentato il primo scambio di GNL in yuan allo Shanghai Petroleum and Natural Gas Exchange.

A ciò, si aggiunge, tra lo stupore generale della comunità internazionale, la riconciliazione diplomatica tra Arabia Saudita e Iran, promossa dalla Cina, che nonostante gli innumerevoli ostacoli presenti dinanzi a sé, potrebbe effettivamente rappresentare il tramonto della politica “oil for weapons” (“petrolio versus protezione militare”) – quindi, seppur parzialmente, anche del petro-dollaro – che ha caratterizzato la politica estera statunitense in Medio Oriente dalla crisi energetica degli Anni Settanta ad oggi.

L’unica cosa certa è che gli Stati Uniti d’America non assisteranno inermi al necrologio del dollaro, troppo spesso anticipato da più parti, e ancora là da venire, bensì continueranno nel loro tentativo di logorare la Federazione Russa nella guerra in Ucraina e a provocare la Cina su Taiwan, nel tentativo di separare Mosca e Pechino.

 

[Relazione presentata al Forum Guerra e mondo multipolare: impatto e prospettive il 15 aprile 2023]

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