NON IN NOSTRO NOME
La lettera aperta al Presidente ha ricevuto circa cinquemila adesioni. Non di rado l’adesione alla lettera è accompagnata da messaggi di solidarietà e fraternizzazione con la popolazione palestinese, e messaggi di indignazione per la posizione ufficiale del governo italiano guidato da Giorgia Meloni, che alla sessione d’emergenza dell’Assemblea Generale dell’ONU il 12 dicembre non ha votato a favore della risoluzione per l’immediato cessate il fuoco.
L’Italia del “Palazzo”, sempre più lontana dalla Costituzione nata dalla Resistenza, dalla Costituzione che ripudia la guerra, continua a tacere di fronte alla pulizia etnica e al genocidio della popolazione palestinese, continua a schierarsi senza se e senza ma con Israele.
L’Italia che non ha dimenticato la Resistenza antinazifascista, l’Italia del popolo, che soffre, che suda e lavora, l’Italia che non si è chiusa in se stessa, l’Italia che non ha perso la capacità di pensare con la propria testa e di partecipare con ragione e passione alla vita del mondo, l’Italia che non si rassegna ad essere una semicolonia degli USA, l’Italia della solidarietà e della fraternizzazione tra i popoli, questa umile Italia solleva la testa e comincia a reagire e a mobilitarsi di fronte all’indicibile infamia del genocidio in progress che Israele sta compiendo: Non in nostro nome!
Ringraziamo vivamente tutti coloro che hanno sostenuto questa iniziativa.
Siamo decisi a continuare con altre, per trasformare l’indignazione di fronte al massacro in corso in atto politico che chiede il mutamento della politica estera italiana verso la questione palestinese.Pubblichiamo qui l’elenco quasi completo delle adesioni. Ci scusiamo se qualche dato può risultare inesatto o qualche adesione può essere sfuggita. Per segnalare correzioni o integrazioni, si può scrivere a italiapalestina2024@gmail.com
LETTERA APERTA AL PRESIDENTE
(la lettera è stata pubblicata dall’Unità il 4 gennaio 2024)
Signor Presidente,
noi sottoscritti cittadini e cittadine Suoi connazionali, lavoratori della città e della campagna, studenti e persone impegnate nel mondo della cultura, dell’insegnamento, dell’associazionismo, ci permettiamo di ricordarLe la situazione in atto in Palestina:
circa 30.000 vittime civili a Gaza, senza contare i presumibili 10.000 sotto le macerie.
70.000 feriti che non possono essere adeguatamente curati in ospedali distrutti da Israele.
1000 bambini che hanno perso uno o entrambi gli arti inferiori o superiori.
90% degli edifici rasi al suolo: “non è rimasto brandello di muro”, dichiarano i pochi osservatori ONU rimasti sul campo.
Una economia, una società, un paesaggio annichiliti.
Oltre 2 milioni di persone sono senza un tetto, né acqua, né cibo, né medicinali, né carburanti, e sono spinte dall’esercito israeliano in una piccola sacca a Gaza sud, che peraltro continua ad essere bombardata.
Intanto si susseguono dichiarazioni di governanti israeliani sulla necessità di espellere dal territorio di Gaza i palestinesi sopravvissuti, e sul progetto di ricolonizzazione di Gaza da parte dei coloni israeliani, mentre addirittura si pubblicano annunci di lussuosi villaggi turistici da costruire sulle macerie e sui corpi insepolti della popolazione palestinese.
In Cisgiordania (secondo l’ONU, “Territori Occupati”) gli oltre 700.000 coloni israeliani, che hanno occupato illegalmente il territorio e rendono molto problematica, per non dire impossibile,la soluzione “due popoli, due Stati”, spalleggiati dall’esercito di Israele attaccano quotidianamente e uccidono i contadini palestinesi, compresi donne, anziani, adolescenti.
Israele ha ucciso 138 funzionari dell’ONU e continua a bombardare i convogli dell’agenzia per i rifugiati dell’ONU.Colpisce le ambulanze che trasportano i feriti. Cattura, e umilia denudandoli e ingiuriandoli, centinaia di cittadini colpevoli semplicemente di essere palestinesi.
Israele ha trucidato un centinaio di giornalisti e fotografi nell’esercizio del loro lavoro.
Il segretario generale dell’ONU Guterres ha denunciato ripetutamente la “catastrofe umanitaria”, l’Assemblea generale dell’ONU approva la risoluzione che chiede l’immediato cessate il fuoco.
Alcuni stati, come il SudAfrica deferiscono Israele alla Corte internazionale di Giustizia (dell’ONU) per genocidio e diversi altri Stati denunciano quella nazione per violazione del diritto internazionale e del diritto umanitario di fronte alla Corte Penale Internazionale. Milioni di persone in tutto il mondo chiedono che venga perseguito Netanyahu e la cupola politico-militare israeliana per questi motivi. Altri Paesi della UE annunciano varie azioni contro Israele, mentre il nostro governo appare silente o complice dei crimini in corso.
Quando l’Armata Rossa sovietica liberò Auschwitz il 27 gennaio 1945 e vennero alla luce gli orrori della Shoah, alcuni giustificarono il loro silenzio e la loro inazione dicendo di ignorare cosa stesse accadendo nei lager nazisti. Oggi assistiamo in diretta alla pulizia etnica e all’olocausto del popolo palestinese. Nessuno può dire “non so”.
È per noi grave che Ella nel Suo messaggio riduca il genocidio in corso a “un’azione militare [di Israele] che provoca anche migliaia di vittime civili e costringe, a Gaza, moltitudini di persone ad abbandonare le proprie case, respinti da tutti”. Nient’altro. Ella, Signor Presidente, avrebbe potuto, e riteniamo dovuto, riprendere le dichiarazioni del segretario dell’Onu, le risoluzioni dell’Assemblea generale e levare una voce per l’immediato cessate il fuoco in Palestina. Come anche alcuni leader europei hanno chiesto.
Ella, invece, ha taciuto, Signor Presidente.
Nelle sue parole il genocidio del popolo palestinese in corso (è la definizione dello storico israeliano Ilan Pappé, costretto ad abbandonare il suo paese e la sua università per le minacce di cui è stato oggetto) è stato ridotto alla reazione israeliana “che provoca anche migliaia di vittime civili”. Durante la Resistenza antifascista i massacri operati dai nazifascisti si chiamavano “rappresaglia”; alle Fosse Ardeatine i nazisti applicarono la formula del “10 italiani per un tedesco”. La rappresaglia di Israele (se di rappresaglia si può parlare e non di un piano preordinato di svuotare Gaza della popolazione palestinese e riportarla sotto il diretto controllo israeliano) supera di molto il criterio nazista delle Fosse Ardeatine.
Tra l’altro, Ella evita di dare un nome al popolo vittima del massacro: nel Suo discorso sono “moltitudini di persone”. NO, non sono “moltitudini”, “volgo disperso che nome non ha”: è il popolo palestinese che subisce da 75 anni l’occupazione di Israele, è il popolo che si oppone e resiste all’occupazione, come fecero i nostri patrioti nel Risorgimento e i partigiani nella Resistenza antinazifascista italiana.
Ella dice che i giovani vanno educati alla pace, ma non si educa se non si compie un’operazione di verità, e la verità non è solo non dire il falso, ma dare un quadro completo delle cose. Il Suo discorso – un discorso ufficiale, a reti televisive unificate a tutto il Paese – per quel che dice e per quello che NON dice, viola i principi cui pure Ella dichiara di ispirarsi, non educa alla verità, né alla giustizia, in difesa morale di ogni popolo oppresso.
La parte del Suo discorso dedicata al conflitto in Medio Oriente è in definitiva schiacciata sulla politica bellicista e disumana del governo di Israele, che annuncia un 2024 di guerra. Legando mani e piedi il nostro Paese alla politica oltranzista di Israele, Ella rompe con quella politica mediterranea di apertura ed equilibrio con i paesi arabi e di riconoscimento delle ragioni del popolo palestinese, promossa tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso da statisti come Moro, Andreotti, Craxi, o da un sindaco eccezionale testimone di pace e costruttore di ponti fra i popoli, come Giorgio La Pira. Il Suo discorso, Signor Presidente, non è solo un inaccettabile silenzio sul genocidio palestinese in corso, è anche un tradimento della storia italiana, e un colpo ai nostri interessi nazionali.
Ebbene, in piena coscienza, e con il massimo rispetto per la carica che Ella riveste, noi sottoscritti ci permettiamo di osservare e di comunicarLe che Ella ha parlato non in nostro nome.
ANGELO D’ORSI, Torino, Già Ordinario di Storia del pensiero politico, Università degli Studi di Torino, Direttore di “HistoriaMagistra. Rivista di storia critica” e di “Gramsciana. Rivista internazionale di studi su Antonio Gramsci”
FABIO MARCELLI, Roma, giurista, copresidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia
ANDREA CATONE, Bari, direttore editoriale edizioni MarxVentuno.