di Angelo d’Orsi
da il Fatto Quotidiano 31 gennaio 2023
Davvero il clima politico europeo sta diventando irrespirabile. Lo spazio per l’esercizio delle fondamentali libertà sembra ridursi giorno dopo giorno, mentre cresce, in maniera preoccupante, un fanatismo antirusso, di cui abbiamo prove quotidiane, e che recentemente una decina di autorevoli corrispondenti di guerra italiani ha denunciato.
Si tratta di una sorta di isteria collettiva continentale. L’ultima notizia ci giunge da Praga (la si apprende dalla rivista Marx21, con il suo direttore Andrea Catone). Il tribunale distrettuale, guidato da un giudice unico (Tomáš Hübner) emette una sentenza di condanna a carico di tre intellettuali, il più noto dei quali è Josef Skála, marxista, ex vicepresidente del Partito comunista di Boemia e Moravia, Vladimír Kapal e Juraj Václavík. Capo di imputazione? Aver partecipato a un programma radiofonico, nel luglio 2020, un forum di discussione pubblica, sul famoso massacro di Katyn: l’uccisione nell’estate 1941 di migliaia di prigionieri di guerra polacchi sul territorio dell’urss, occupato dalle truppe naziste. I tre avevano espresso dei dubbi sulla versione che attribuisce ai sovietici la responsabilità integrale del massacro, ricordando che dopo l’apertura degli archivi sovietici, e l’acquisizione di nuovi documenti, esistono fondati motivi per dubitare di quella versione, senza per nulla negare i fatti, sottolineando che non sono pochi gli studiosi di varia nazionalità che hanno avanzato una ben diversa interpretazione, da quella divenuta “obbligatoria”, ossia che il crimine sia attribuibile alla Wermacht. Il forum in sostanza raccolse le diverse voci su Katyn, senza arrivare a una affermazione dogmatica, ma lasciando aperta la questione.
IL DIBATTITO NON SUSCITÒ all’epoca proteste, anzi a quanto risulta venne assai apprezzato come un tentativo di fare storia in pubblico. Ma il fatto stesso di porre degli interrogativi, rispetto non alla verità storica ma a come essa, che sia autentica o meno, venga trasformata dal potere politico, e dalla ideologia dominante, una sorta di canone dogmatico, chiesastico, davanti al quale si può semplicemente allinearsi e assentire. A distanza di quasi un biennio, nel marzo 2022, i tre intellettuali dunque vennero incriminati in base all’articolo 405 del Codice penale della Repubblica ceca, precisamente per aver messo in discussione la versione ufficiale di Katyn. Il 31 ottobre giungeva la condanna a otto mesi di reclusione. Avendo fatto appello, si andrà ora a processo (il 1° febbraio).
Si tenga conto che nel 2000 nella Repubblica Ceca venne approvata, subito dopo l’ingresso nella Nato, una legge che introduceva nel Codice penale un articolo che accomuna crimini nazisti e comunisti: “Chiunque neghi, metta in dubbio, approvi o tenti di giustificare pubblicamente il genocidio nazista, comunista o di altro tipo o crimini nazisti, comunisti o di altro tipo contro l’umanità o crimini di guerra o crimini contro la pace è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”. Il provvedimento rientrava in un esasperato pan-penalismo internazionale che, con il pretesto di fermare l’onda del negazionismo sulla Shoah, pretendeva di mettere sotto controllo la ricerca storica e affidava alle aule parlamentari, o peggio a quelle giudiziarie, la verifica dei risultati della storiografia. La comunità degli studiosi, con poche eccezioni, si è battuta contro questo tentativo, senza troppa fortuna. Si aggiunga il montare di un sentimento antirusso che si combinava con quello antisovietico, che trovava un esito nella risoluzione del Parlamento Ue del 19 settembre 2019, equiparante nazismo e comunismo nello scatenamento della II guerra mondiale e delle tragedie che ha prodotto, dimenticando bizzarramente il ruolo decisivo dell’unione Sovietica nella sconfitta della svastica. E si arriva fino alla grottesca circolare del ministro Valditara per il 9 novembre, anniversario del “crollo del Muro”, di cui su questo giornale ho già discorso.
È evidente che la guerra in Ucraina ha dato una brusca accelerata al processo che ha visto estendere l’ostilità alla Russia, ai suoi musicisti, ai suoi scrittori, ai suoi artisti e via seguitando. Nel caso di Praga, c’è un ultimo elemento. Il più noto imputato, Josef Skála (oppositore della politica filo-nato e organizzatore del movimento per la pace), aveva annunciato l’intenzione di candidarsi alle elezioni presidenziali: ovviamente è stato fermato dal procedimento giudiziario. Quindi la pretesa di portare la storia in tribunale si fonde con l’uso direttamente politico della giuridicizzazione della storiografia.
Non c’è che dire: un bel salto all’indietro nella civiltà europea.
Angelo d’Orsi
da il Fatto Quotidiano 31 gennaio 2023